Il Bangladesh come il vaso di Pandora. Cambiano gli equilibri in Asia

Il Bangladesh è oggi uno scenario perfetto per Russia e Cina per inscenare una propria versione dei fatti, per “mettere zizzania”. Ma l'India sta giocando una partita fondamentale

Il Bangladesh come il vaso di Pandora. Cambiano gli equilibri in Asia
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Lo scorso giugno, in Bangladesh, le proteste studentesche – iniziate dopo la decisione di reintrodurre quote di lavori governativi e così di agevolare i discendenti di coloro che, nel 1971, hanno reso indipendente dal Pakistan il Paese – hanno incendiato le strade di Dacca e non solo. La ormai ex Prima ministra, Hasina, il cui governo da tempo era accusato di essere sempre più autoritario, ha lasciato la capitale. Oggi Muhammad Yunus – banchiere, economista, Premio Nobel per la Pace 2006 – guida il governo provvisorio, cercando di spegnere il fuoco delle rivolte.

La questione delle proteste è chiaramente più complessa, non vi sono soltanto la richiesta degli studenti o la disoccupazione alta tra le motivazioni dello scoppio. Altre variabili si inseriscono in parallelo, come le violenze contro la comunità indù, gravità che hanno suscitato anche la reazione del nuovo governo ad interim. Non è un caso che, tra i beneficiari immediati delle proteste, vi siano anche i gruppi filo-pakistani legati alla fratellanza musulmana come Jamaat-e-Islami e Hizb ut-Tahrir, entrambi anti-statunitensi, anti-israeliani e, naturalmente, anti-indiani. È fin dai primi anni del Novecento che esiste in Bangladesh un’influente élite islamista e anti-induista, un’élite che è oggi fortemente appoggiata dalla Cina.

Allarghiamo, dunque, il cerchio. Nel quadro rientrano chiaramente il rapporto controverso tra Dacca e Nuova Delhi e le mire espansionistiche e di influenza nella regione della Cina e della Russia. Nel 1971, l’appoggio al Bangladesh costò all’India i rapporti con gli Stati Uniti. Forse anche per tale motivo Indira Gandhi strinse, in reazione, un patto di cooperazione con l'Unione Sovietica. Un accordo che ancora oggi – nonostante l’India persegua, in teoria, una politica di non allineamento – pesa.

È chiaro che le relazioni tra Stati Uniti e India e, in generale, tra India e Occidente siano fastidiose sia per Mosca che per Pechino, entrambe legate da un vincolo di “amicizia senza limiti”. Xi Jinping e Putin sono due leader che zittiscono ogni forma di dissenso all’interno del proprio Paese, accomunati dalla stessa visione revisionista e spesso dagli stessi metodi repressivi. Un’India emergente in Asia appare ai loro occhi come un ostacolo al raggiungimento del loro obiettivo. Un’India vicina all’Occidente e non più neutrale come un potenziale rivale. Se consideriamo poi quanto oggi, rispetto alla Cina, la Russia sia debole a livello internazionale si chiude il cerchio. Se durante la guerra fredda Mosca era il campione dei Paesi comunisti, oggi le parti sono invertite e Pechino di fatto controlla sul piano economico-politico la Russia, attuando una strategia di dipendenza.

Il Bangladesh è oggi uno scenario perfetto per Russia e Cina per inscenare una propria versione dei fatti, per “mettere zizzania”. Come? Da un lato aizzando le comunità musulmane del Paese contro gli hindu, spargendo odio tra le comunità, dall’altro, attraverso l’arma della disinformazione, diffondendo l’idea, ad esempio, che dietro le proteste in Bangladesh vi sia il disegno del “deep state”, ossia dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti. La creazione di tale narrativa – di una cospirazione anti-India per un cambio di regime in Bangladesh – è a vantaggio della alleanza sino-russa. Per le due potenze revisioniste più l’India si insospettisce dell’Occidente meglio è. E, al contrario, più la disinformazione agisce e mette in cattiva luce Nuova Delhi agli occhi occidentali, meglio è. E così ecco il trapelare costante di notizie sulla crescente dipendenza dell'India dall'energia russa, o sui tentativi della Russia di usare l'India per aggirare le sanzioni. L’obiettivo russo-cinese è chiaro: screditare l’India all’Occidente e viceversa. I fatti del Bangladesh, paese dove risiede una comunità hindu forte, con cui Nuova Delhi ha un rapporto particolare dalla sua nascita, sono un alibi ottimale.

In tale scenario, appare evidente che l’India, democrazia sempre più emergente e desiderosa di crescere come Nazione, stia divenendo il terzo incomodo tra Russia e Cina in Asia.

Inoltre, la crescente sinergia che vi è tra Nuova Delhi e i Paesi Occidentali allarma gli antagonisti. Il non allinearsi indiano li favorirebbe ma è sempre più evidente che tale strategia – nei fatti – non sia più l’unica soluzione perseguibile da Nuova Delhi.

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